Storia del recupero dati
Le origini del recupero dei dati possono essere ricondotte addirittura a Charles Babbage e Ada Lovelace.
Nel 1833 Babbage incominciò a lavorare aulla creazione del primo computer, l’Analytical Engine. Questa invenzione utilizzava per la prima volta, gli stessi principi dei computer moderni.
Babbage lavorò su questo progetto per 11 anni prima di introdurre al pubblico la sua creazione in un seminario in Italia nell’autunno del 1841. Un italiano chiamato Menabrea scrisse un resoconto di questo seminario, e lo pubblicò in Francia. Nel 1843, Ada Lovelace tradusse questo articolo e aggiungendovi qualche nota personale.
Queste note diventarono circa 3 volte l’articolo originale, e Ada e Babbage iniziarono a collaborare per ultimare la creazione dell’Analytical Engine. I programmi per questa macchina furono implementati su schede perforate; per questo motivo questa macchina venne anche chiamata ‘punchcard system’ (sistema a schede perforate). Comunque in poco tempo Babbage e Lovelace incontrarono i primi problemi: una delle schede perforate venne fortemente danneggiata da Babbage. Riottenere i dati persi dalla scheda si dimostrò essere un processo molto difficile; infatti ne Babbage ne Lovelace riuscirono a portarlo a termine.
Si rendeva necessario un sistema di memorizzazione più avanzato per recuperare correttamente, se necessario, le informazioni perse.
Questa fu la prima occasione in cui si rese necessario il recupero dei dati.
Da quando l’Analytical Engine è stato sviluppato l’industria informatica (ed anche il campo del recupero dei dati) si è sviluppato in maniera esponenziale. Di conseguenza la richiesta di nuove soluzioni di recupero dei dati è aumentata allo stesso ritmo, e sono nate molte soluzioni e nuove idee. Un altro dei risultati più interessanti nel campo informatico, fu l’ENIAC sviluppato nel 1940.
L’ENIAC (Electrical Numerical Integrator and Computer) è stato il primo computer che poteva essere utilizzato per diversi scopi (multipurpose). Entro la fine delle decade seguente il computer inizia ad essere venduto su larga scala, anche grazie agli incredibili risultati raggiunti da ENIAC, ed i computer iniziano ad essere più comuni. Questi computer erano molto grandi e si rese necessario dedicare diverse stanze all’ immagazzinamento e mantenimento dei dati. Molte grandi società iniziarono ad affidare le proprie informazioni ad un computer.
Un altro notevole passo avanti nel settore dell’informatica settore fu l’introduzione da parte di IBM di un nastro particolare per la memorizzazione dei dati introdotto nel 1952. Questa scoperta aumentò ulteriormente la capacità di memorizzazione e la potenza di calcolo dei computer. Prima dell’introduzione di questo tipo di nastro, venivano utilizzati nastri magnetucu molto fragili che, malgrado rappresentassero una buona soluzione di memorizzazione, avevano una frequenza di guasti e di malfunzionamenti molto alta, richiedendo lo sviluppo da parte degli operatori di tecniche particolari di riparazione e duplicazione dei nastri guasti.
Con l’introduzione del nastro IBM, la frequenza dei guasti diminuì e fù anche possibile recuperare più facilmente i dati nel caso di un problema.
Negli anni recenti il recupero dei dati ha continuato ad essere un’industria vitale, dal momento che l’importanza dei computer e delle informazioni che contengono è in costante crescita.
Inventato nel lontano 1956 dall’IBM, è ad oggi uno dei più diffusi sistemi di memorizzazione e immagazzinamento dati.
Negli anni si è costantemente evoluto, passando nel giro di 50 anni dalle dimensioni di un frigorifero, alle odierne minime dimensioni dei dischi da 2,5” e 1,8” montati all’interno dei computer portatili.
Per chi ancora non lo sapesse un hard disk (o in italiano “disco rigido”) e composto da alcune parti principali: un involucro esterno, una scheda elettronica che ne controlla il funzionamento, un motore, uno o più piatti sulle cui superfici magnetiche vengono fisicamente memorizzati i dati, un gruppo testine (che si occupa di leggere e scrivere i dati, un po’ come la testina di un giradischi), un gruppo magnetico che controlla il movimento del gruppo testine e un amplificatore che si occupa di rendere sufficientemente leggibili ed interpretabili i segnali corrispondenti ai dati letti dalle testine.
Lo sviluppo tecnologico del supporto è stato affiancato ad un costante sviluppo delle tecniche adottate per il recupero dati; a partire dal semplice scambio delle schede elettroniche bruciate (ahimè ora non più possibile), fino allo sviluppo di tecniche e di strumentazione dedicata alle sostituzioni delle parti interne in ambienti idonei denominati “camere bianche”.
Tutto parte dallo studio di come funziona un singolo hard disk, che tipo di componenti elettronici sono installati, quante e che tipo di testine sono montate, come vengono memorizzati i dati, quali informazioni di servizio sono necessarie per un corretto funzionamento e dove sono memorizzate. Malgrado quanto si possa pensare un hard disk infatti è una macchina piuttosto complessa, un po’ come se fosse un computer a sè, con tutta una serie di routine di funzionamento che cambiano anche completamente da una marca ad un’altra, così come da un modello ad un altro, malgrado il risultato dal punto di vista dell’utente finale sia sempre lo stesso: la memorizzazione dei dati.
Col passare degli anni e la diffusione delle informazioni, sono nate le prime aziende a livello mondiale che hanno creato prodotti standard hardware e software per la diagnostica e la successiva “riparazione” degli hard disk al fine del recupero dati.
Citiamo tra le più famose la russa Acelab, l’asiatica SalvationData e la statunitense Athola.
Malgrado ciò le capacità e la conoscenza del singolo tecnico ancora oggi fa la differenza nel campo del recupero dati, che rimane un campo ancora ampiamente dipendente dalla ricerca e sviluppo effettuata dai laboratori delle singole aziende.
Ecco perchè risulta importante affidarsi a veri professionisti con veri laboratori, malgrado sia effettivamente difficile districarsi tra le numerose aziende che dicono di fare recupero dati, ma in realtà si affidano alle possibilità offerte da software acquistati e sporadiche consulenze affidate a laboratori esterni.
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